L’archivio Gastronomico – Piergiorgio Siviero
In occasione dell’ultima serata di Cucina Madre Tour abbiamo posto qualche domanda allo chef Piergiorgio Siviero del Ristorante Lazzaro 1915 (1 stella Michelin, Pontelongo -PD-). Ne è scaturito un piacevole dialogo “tra ieri, oggi e domani”…
Se non fossi nato e cresciuto tra le mura di un ristorante, saresti diventato chef comunque?
Crescere all’interno di un ristorante condiziona inevitabilmente. Ma sono stato l’unico di sei figli che ha continuato l’attività di famiglia (oltre a mia sorella Daniela, che si è aggiunta in seguito) quindi penso che la cucina fosse insita in me fin da piccolo. Poi è anche vero che non abbiamo la controprova a questa domanda…
Hai preso in mano il “Lazzaro” al suo novantesimo compleanno, e oggi questa insegna ha oltre cent’anni di storia. Hai avvertito il “peso” della tradizione? Sarebbe stato più semplice avviare un’attività “da zero”?
La tradizione non è stata un peso. Anzi, al contrario, sono partito proprio da quella considerandola più una “garanzia” che una “croce”. La struttura organizzativa e il locale storico sono stati vantaggi importanti, basi solide da cui sviluppare quello che oggi è il mio ristorante.
Sei riuscito a “trasformare” una tavola in cui si giocava anche a carte in una tavola di alto livello, e per giunta in una piccola realtà di provincia. Come?
L’aspetto più difficile da affrontare è stato lo “scontro generazionale”, ovvero far capire ai miei genitori, ai miei zii, che c’era bisogno (e si poteva) evolvere, si poteva dare spazio a nuove idee e a nuovi metodi. Li ammiro molto per aver fatto un passo indietro (- e uno avanti, aggiungiamo noi -).
Non nascondo che il rischio della “trasformazione” è stato notevole, visto che il locale aveva già una sua clientela più che consolidata (che ricordo, oggi è cambiata dell’85-90%). Abbiamo optato per un mutamento graduale, prima con l’inserimento di alcuni piatti e poi, via via, rivoluzionando tutta la cucina.
Qual è stata l’esperienza che più ha segnato la tua carriera? E cosa, di ciò che hai visto in giro, hai fatto entrare nel tuo ristorante?
Un passaggio importante nella mia carriera è avvenuto da Aimo Moroni a Milano. Lì ho ricevuto grandi insegnamenti sul mondo – ingrediente. Tradotto: conoscenza della materia prima, rispetto della stagionalità e cultura gastronomica a tutto tondo. Insomma, dai Moroni ho appreso il “saper scegliere e sapere scegliere nel momento giusto”.
Nei tre ristoranti di Alain Ducasse (l’ultimo, in ordine di tempo, a Monte Carlo, dove ho conosciuto il mio collega e amico Nicola Dinato) ho invece acquisito metodo, tecnica, capacità di organizzazione del lavoro. Requisiti imprescindibili per condurre una cucina e un’attività di ristorazione.
Qual è la tua visione della gastronomia oggi? In particolare di quella italiana?
Oggi c’è un po’ di confusione nel settore, è vero. Ma c’è chi lavora con competenza e determinazione.
Riguardo alla gastronomia italiana? Credo stia attraversando una fase esplosiva. In primis perché stiamo facendo quello che avremmo dovuto fare in passato: stiamo uscendo dal tunnel dell’”esterizzazione”, quindi dalla scelta di prodotti stranieri come surrogati dei prodotti italiani; stiamo tornando a valorizzare le nostre eccellenze e a dare spazio alle micro – tradizioni e alle piccole identità territoriali che nel nostro paese variano di chilometro in chilometro.
Altra cosa importante che sta avvenendo in Italia è il “ricambio in cucina”: da noi i grandi Maestri stanno lasciando il posto alle giovani leve, a differenza della Francia, dove gli “storici” della cucina non scendono dal palco scenico.
Anticipiamo i temi del film (L’Ala o la coscia). Oggi verrà presentata un’altra Guida Ristoranti. Cosa ne pensi del sistema-guide? Pensi che la pressione dei “critici” sia utile per innalzare il livello della ristorazione o che, viceversa, sia controproducente?
Faccio una premessa: io lavoro prima di tutto per i clienti. Sono loro il vero fattore migliorativo del mio lavoro, sono loro che condizionano le mie scelte. Non i punteggi. Poi, in seconda istanza, lavoro per me stesso, per far funzionare la mia attività imprenditoriale.
Per quanto riguarda le Guide… le ritengo importanti, ma le considero più uno strumento orientativo, una sorta di bussola. Possono rivelarsi utili per far conoscere soprattutto quei locali, come il mio, che per l’ubicazione sono fuori dalle rotte. Noi ad esempio dopo il riconoscimento Michelin abbiamo avuto più “visibilità” soprattutto fuori regione, il ché si è tradotto in una clientela “geograficamente” diversa.
Raccontaci progetti e ambizioni future.
Stiamo lavorando sulla panificazione, la pasticceria e sui nuovi menu. Ne proponiamo due, uno stagionale e uno che varia nel breve periodo, incentrato di volta in volta su un prodotto specifico.
Ma soprattutto siamo sempre più a contatto con i nostri fornitori. Vogliamo conoscere a fondo la materia prima per interpretarla nel modo più “corretto” possibile.